
MONTE PASUBIO
storia natura cultura






STORIA
Fin dai secoli passati gli storici si sono chiesti chi fossero stati i primi abitatori della montagna e del territorio vicentino. Ma, non esistendo una valida documentazione, non sono riusciti a risolvere la questione. Pare comunque che prima dell'arrivo dei Veneti (d'origine indoeuropea) la zona fosse abitata dagli Euganei. Di questi ultimi si sa poco o nulla. Forse, all'arrivo dei Veneti, furono spinti verso le zone più impervie delle vallate prealpine. Le due comunità comunque pare abbiano vissuto pacificamente.Dopo l'invasione dei Galli, verso il 230-220 a. C., in zona fanno la loro apparizione i Romani che conquistano, fra il resto, l'alta pianura vicentina fino ai piedi dei monti. Loro preoccupazione principale fu quindi quella di difendere il Municipio di Vicenza e la fertile pianura circostante da invasioni dal nord, da parte delle popolazioni alpine.
Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e la calata delle popolazioni barbariche, è probabile che la nostra vallata abbia assistito al passaggio caotico di queste tribù, ma non abbia visto mai il loro stabile insediarsi. Con la progressiva disgregazione dell'Impero dei Franchi (seconda metà del sec. IX), iniziano le lotte tra i grandi feudatari italiani e tedeschi per il possesso del Regno d'Italia. Incendi, saccheggi, devastazioni interessarono le vallate prealpine coinvolte nella mischia, perché arterie di comunicazione diretta tra la Pianura Veneta e la Germania.Spostamenti di lavoratori tedeschi dalla Germania verso le vallate trentine e prealpine iniziarono, probabilmente, nel corso del sec. XII. Erano boscaioli e soprattutto minatori, accompagnati dalle loro famiglie. Provenivano dalla Baviera, dalla Franconia e dallo Hartz, zone della Germania note per le tradizioni minerarie e, col consenso dei vescovi, si stabilirono sugli Altipiani dei Sette e dei Tredici Comuni nonchè nelle vallate intermedie. I loro spostamenti erano favoriti dalla ripresa socioeconomica verificatasi dopo il 1000 che portò al rilancio dell' attività mineraria ed all'estensione del pascolo e delle colture an¬che nella nostra zona. Non è tuttavia escluso che sfuggissero, in Germania, a persecuzioni o a guerre tra feudatari.Col nuovo clima instauratosi in Italia dopo la vittoria della Lega Lombardo-Veneta contro l'imperatore, il Comune di Vicenza prende sotto tutela le «ville» e i comuni rurali del suo territorio e costringe i feudatari locali a scendere a patti con la nuova realtà.le vallate in questione non dovevano godere di prosperità durante gli anni della dominazione scaligera e viscontea. Le cose non mutarono di molto nemmeno con l'avvento della Serenissima se, nel 1417, il doge esonerava temporaneamente i Posenati dal pagamento delle tasse, viste le loro condizioni di vita: « ... gran parte d' homeni dorme suso la palia, gran parte vive de erbe senza pan, et queli che stano meglio vive de pan de sorgo».E vero che in pianura agricoltura e industria prendono slancio e conosceranno un periodo di floridezza che si proietterà fino alla fine del '500', però in queste plaghe prealpine gli influssi della ripresa dovettero essere limitati. Sia perché, a differenza del piano, non erano appetibili sotto il profilo dell' investimento economico, sia per le guerre e le continue turbolenze manifestantisi da sempre in queste terre di confine e che ora riprendono vigore. Tra il 1400 e it 1440 Venezia trabocca al di là della Borcola e del Passo Pian delle Fugazze impadronendosi di Rovereto e della Val Lagarina, arteria di estremo interesse per i suoi traffici.
Nel Corso del 1600 e del 1700 eventi traumatici, come il disastro della Guerra di Cambrai, non si verificarono nella valle e nei circostanti altipiani. Si tenga presente però che la zona era territorio di confine con i feudatari imperiali e direttrice di transito per eventuali eserciti provenienti da nord. E’ facile capire che, anche in assenza di guerre guerreggiate, la vita non doveva trascorrervi quieta. A ciò s'aggiunga la natura aspra e ingrata del terreno e le pestilenze che a ondate giungevano a decimare la popolazione.Il culmine viene toccato con la pestilenza del 1630 che per poco non rese deserta la vallata.Fu da quel momento che si cominciò a controllare i passi montani pure con finalità d'ordine sanitario e nel 1636 fecero la loro apparizione i primi «rastreli» al confine; da quel momento fu impedito qualsiasi scambio di natura commerciale nei momenti critici. Venezia, sempre in questi anni, per ragioni sanitarie, mette al bando Schio e il suo contado (a cui sia Valli che Posina appartenevano). Non per nulla la Serenissima inviava a sorvegliare i passi e le valli delle Prealpi Vicentine con esperti uomini d'arme. Il controllo dei passi prealpini per fini militari conobbe altre perlustrazioni sistematiche e febbrili nella prima metà del '600, in occasione della guerra sostenuta dai Veneziani contro Spagnoli e Imperiali per la successione nel Ducato di Mantova. A fine '700 il banditismo, nelle nostre montagne, assume proporzioni macroscopiche, quasi a sottolineare la situazione di degrado socio-economico e politico in cui la decrepita repubblica era caduta. Ormai inerte e incapace di reagire, sarà travolta dalla bufera napoleonica e diventerà «merce di scambio» nel gioco delle potenze europee.Fu così che, nel 1797, i valligiani dovranno rendere omaggio ai sopraggiunti francesi ed abbattere con rammarico il vecchio leone di S. Marco; nel 1798, col trattato di Campoformio, diventeranno austriaci; nel 1805 di nuovo francesi e nel 1813 stabilmente austriaci e inseriti nel Regno Lombardo-Veneto.
Le guerre risorgimentali non provocarono particolari sussulti, anche se era presente in valle un certo fermento antiaustriaco testimoniato dalla partecipazione di alcuni giovani al moti del 1848 .Dal 1871 al 1901 inizia un periodo di emigrazione dovuto alla povertà che , soprattutto nelle valli di Posina si sentiva particolarmente forte, si partiva soprattutto per le Americhe che assorbono il 50% dell'emigrazione locale; il luogo d'arrivo era approssimativo, non c'erano garanzie; i nostri montanari erano niente più che «merce».Pochi avrebbero affrontato cosi la sorte, se a casa la situazione socioeconomica non fosse stata drammatica.
Con lo scoppio della !^ Guerra Mondiale , le nostre zone vengono ad essere a ridosso del fronte, la sommità del massiccio del Pasubio vedrà un lungo periodo di offensive tra i soldati italiani e quegli austriaci. gli Austriaci dal Col Santo (in Pasubio), dal Coston dei Laghi, dal Toraro, dal Passo della Vena stringono in una morsa Tonezza e la Val Posina che vengono occupate tra il 21 e it 25 maggio 1916. Loro obiettivi sono il Colletto di Posina, il M. Novegno e Colletto di Velo al fine di traboccare a Schio. L'offensiva non ebbe successo per un soffio. Dopo i tentativi inutili di sfondare sui sopracitati Colletti, la lotta divampò sul M. Novegno di cui gli Austriaci avevano occupato la vetta del Priaforà (metà giugno del '16). Non passarono, e di conseguenza si ritirarono sgombrando la Val Posina. Arretreranno comunque su una linea difesa dalla natura in modo formidabile. Non lasceranno mai il Passo della Borcola; non abbandoneranno lo sperone di M. Maio, né quelli di M. Seluggio e M. Tormeno e infine contenderanno ai nostri fino allo stremo, e con successo, il M. Cimone. Queste eminenze erano infatti veri balconi dai quali controllare la Val d'Astico e la Val Posina e trampolini di lancio per un nuovo, eventuale tentativo di sfondamento. Gli Austriaci li evacueranno solo nel novembre del '18.Tornarono i profughi tra il 1919 e il 1920. Trovarono le case spoglie, danneggiate e in gran parte distrutte. Con enorme pazienza e rassegnazione si prende a ricostruire, ma gli aiuti promessi dallo Stato per il risarcimento dei danni sono inadeguati o non ci sono per niente. Arduo quindi coprire le spese. Dissesti idrogeologici ovunque; i campi sono sconvolti e ingombri di materiale bellico; le stalle vuote, essendo scampato dalla bufera sì e no un terzo degli animali con l'impossibilita di recuperarli subito essendone salito il prezzo a livelli proibitivi. Riprende l'emorragia dell'emigrazione.La situazione non cambia in epoca fascista e la fuga dalle contrade mantiene livelli elevati. La zona non si riprende più dopo il flagello della guerra. Se non si scappa è la fame.Sono distrutte le piccole attività artigianali; il reddito derivante dall' attività agricola e insufficiente; la proprietà è frazionatissima, le fatiche e i disagi sono insostenibili. E l'economia «dei minimi»: minimo il capitale, minimo il reddito, minimo il tenore di vita; grandi soltanto il sacrificio, la fatica, l'attaccamento alla montagna.E scappano soprattutto i giovani. Posina e Laghi, in provincia, sono i comuni che nel '31 avevano perso più popolazione. Erano abbondantemente al di sotto dei livelli del 1881. La Seconda Guerra Mondiale coinvolge la vallata e l'Altopiano di Tonezza indirettamente, col prelievo di giovani da spedire nei vari fronti, e direttamente durante la lotta di Resistenza che fu, in questo settore, decisamente accanita. Il contenzioso infatti e quello di sempre: occupa¬le vie di collegamento col Nord.I tedeschi, dopo l'8 settembre e I'invasione dell'Italia, per i loro rifornimenti di mezzi e di uomini, avevano l'assoluta necessità di mantenere sicure la Val d'Astico, la Val Leogra e le zone intermedie.L’efficiente rete stradale della Grande Guerra snelliva i transiti. I partigiani ne erano ben consci.Zona di alto interesse strategico, dunque. Non per nulla Kesserling aveva posto a Recoaro il suo quartier generale. Inoltre Tonezza, Valdagno, Montecchio Maggiore ed ancora Recoaro risultavano sedi di ministeri e di organismi militari repubblichini. Agivano con colpi di mano, attacchi improvvisi e violenti; quindi la dispersione. Era una tattica che si fondava sul movimento.Di tal natura sono gli scontri che a metà luglio del '44 si verificarono sulla vetta del Pasubio e, a fine luglio, a Tonezza, dove i partigiani assaltano la scuola allievi ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana. L'offensiva partigiana, da metà luglio a circa metà agosto del '44, dà vita in Val Posina ad una vera e propria zona liberata, un’isola dove si cominciò ad abbozzare un’amministrazione democratica.Ma la valle non aveva (come le più celebri «repubbliche partigiane») un retroterra svizzero o comunque un’area di disimpegno, bensì il Trentino e le vitali arterie per la Germania. La Val Posina diventava perciò per i tedeschi un mortale focolaio di resistenza.Bisognava intervenire.Ecco quindi il terribile rastrellamento del 10-14 agosto 1944.I partigiani si ritirano dalle contrade, anche per non dare ai nazifascisti pretesti per ritorsioni, ma i paesi bruciano ugualmente. In Val di Campoluzzo, una pattuglia del battaglione «Pasubio» viene catturata dopo un furioso combattimento con i tedeschi. I componenti sono tutti fucilati. Passeranno alla storia come «gli eroi di Malga Zonta».In paese molti valligiani vengono presi, spinti a parlare, minacciati di morte, ma tutti tacciono. Ci saranno state incomprensioni, momenti di tensione fra popolazione e partigiani (i prelievi di animali o di derrate alimentari erano dolorosi per entrambe le parti), ma è altrettanto vero che senza l’appoggio concreto degli abitanti non si poteva condurre una guerra partigiana su questi monti.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, a poco a poco i giovani trovavano il lavoro nelle nuove realtà industriali tra Thiene e Schio e si trasferiscono in pianura. trasferendosi in pianura e abbandonando le contrade. Da qualche anno si inizia a vedere un nuovo interessamento ai luoghi d'origine e si nota un recupero delle vecchie case e lo sviluppo di attività agricole. Il turismo potrebbe fare molto per far conoscere e valorizzare questi luoghi così suggestivi, ricchi di storia, di tradizioni, di natura ancora incontaminata e paesaggi mozzafiato.